Nullis esse librum tam malum,
ut non in aliqua parte prodesset
Non c’è libro tanto cattivo che in
qualche sua parte possa giovare.
Plinio Il Vecchio
Oggi inviando un messaggio al cellulare ho pensato che quello che per noi è facile, praticamente quasi immediato e forse scontato ha subito in realtà una serie di processi e coinvolto capacità, tecnologie e conoscenze che si sono tramandate per millenni, così sono andata alla ricerca del significato del segno o atto segnico, spulciando un po’ le origini del testo scritto; per capire al meglio come l’invenzione del libro ha davvero cambiato la nostra vita. Dobbiamo dunque risalire alle origini e percorrere data per data le tappe di quella che possiamo chiamare la storia del libro, rapportando a ognuna di esse una specifica riflessione.
Tutto inizia grazie ad un’antica popolazione i sumeri che circa 3500 anni prima di Cristo inventano la scrittura, ma doppiamo aspettare ben 2000 anni e ringraziare i fenici per avere una forma di scrittura definita sillabario senza vocali che diventò poi la madre di tutti gli alfabeti del mondo!
All’invenzione della scrittura, come sappiamo, possiamo forse identificare la nascita della pedagogia, o meglio, la prima riflessione pedagogica perché, con l’invenzione di questa sono nate le prime scuole, nel caso dei sumeri la scuola degli scribi, dunque i primi testi dimostrano proprio l’intenzione di lasciare qualcosa di scritto affidato ai posteri: un segno inciso sulle tavolette per lasciare qualcosa per durare e perdurare nel tempo.
Già nel 300 avanti Cristo cominciano a nascere le prime biblioteche, Roma avrà la sua Biblioteca pubblica nel Tempio della libertà grazie ad un bottino di guerra nel 39 a.C., strappato ai Parti[1].
Tutte le biblioteche avranno così una grande importanza, da quella del quartiere, a quelle delle università o quelle storiche, luigi voluti e creati per il sapere in quanto diffondono diverse informazioni e, soprattutto, aiutano a preservare la nostra cultura anche al di là del tempo.
Proprio per queste ragioni, infatti, la biblioteca possiamo considerarla come un luogo “in prima linea” in una sana società democratica, dove tutti hanno il diritto di leggere, approfondire e fare ricerca, al fine di migliorare le proprie condizioni non solo di vita e di lavoro, ma anche semplicemente per avere un proprio libero pensiero.
Nel IV secolo d.C. si ha una rivoluzione che servirà a fare un passo avanti verso la stampa, si passa dal rotolo al codice. Il materiale di scrittura di gran lunga più utilizzato nell’antichità fu il papiro, confezionato a rotoli, dai quali potevano essere ritagliati dei fogli per la stesura di documenti brevi. Certo, il rotolo (di papiro o pergamena che fosse) non era pratico, poco maneggevole e, quelli più delicati rischiavano di strapparsi. Il codice, invece, simile al libro moderno, poteva essere maneggiato, scritto e letto con maggiore comodità. Un primo accenno ai codici si trova nei versi di Marziale, che chiama questi nuovi strumenti di studio o lettura MEMBRANAE, TABELLAE, cioè fogli ripiegati fatti con la pelle di animale, e ne parla, mettendo così in luce il fatto che sono comodi al punto da diventare compagni di viaggio e possono contenere anche testi molto lunghi.
Nel VI secolo d.C. la Chiesa prende il predominio della produzione libraria togliendolo di fatto alle botteghe laiche.
Nel 1441 anche Firenze ha la sua biblioteca pubblica sarà situata in una sala del convento Domenicano di San Marco.
L’anno 1454 è un anno cruciale per la scrittura e la comunicazione, Johannes Gensfleish Gutemberg inventa la macchina per stampare e già due anni dopo esce la Bibbia delle 42 righe, conosciuta come Bibbia di Gutemberg, evento significativo della storia del libro, perché la bibbia è il libro più venduto tuttora e, appunto il primo libro ad essere stato stampato su di una pressa a caratteri mobili.
Da allora è un succedersi di avventi che promulgano la scrittura e la conoscenza si amplia e si diffonderà in tutto il mondo, tra il 1464 e il 1483 nelle maggiori città europee vengono fondate stamperie la prima a Colonia, a Roma nascerà nel 1467.
Con la stampa a pari passo nasce la censura, addirittura verrà istituito un ufficio laico di censura a Magoza, ma nessuno riesce ad arrestare il fiume in piena della libertà di stampa, e così cominciano le tirature delle gazzette settimanali e poi le tirature dei quotidiani, nel 1680 il Frankfurter journal come quotidiano riesce a raggiungere una tiratura di 1500 copie.
Visto il successo sempre maggiore nel 1709 diventa necessario fissare i rapporti tra autori ed editori e nasce il “copyright act”. Prima dello “Statuto di Anna” in Gran Bretagna (Copyright Act 1709 8 Anne c.19) il copyright durava solo quattordici anni, ma al giorno d’oggi la durata della protezione del copyright è di cinquanta-cento anni dopo la morte dell’autore. L’atto è nato perché gli editori hanno approfittato della stampa di copie dell’opera senza remunerare l’autore.
Nel 1788 nasce il giornale più famoso dell’Inghilterra “the Times“. Il NYT nasce come giornale della città di New York e solo in un secondo momento diventa una voce dell’informazione nazionale. Al the Times, fin dall’anno di apertura, hanno lavorato i migliori giornalisti d’America. Ha vinto, infatti, più di 100 Pulitzer[2].
Oggi cosa rimane della carta scritta? Forse poco! Le notizie arrivano on line sui nostri cellulari, i libri spesso sono sostituiti dalla lettura sui Kindle. Grandi testate italiane ed estere hanno dovuto cedere il passo all’etere, è un bene questo? Purtroppo la mia generazione sta perdendo il piacere di sfogliare un buon libro, vero che dobbiamo risparmiare la cellulosa ma quale eredità lasciamo ai nostri posteri? Bhe questo articolo è in ogni modo on line, dunque al passo con i tempi e per saggiare il profumo della carta sarà necessario stamparne una copia.
[1] L’impero partico o arsacide (247 a.C-224 d.C) fu una delle potenze politiche e culturali iraniche dell’antica Persia.
[2] Premio per la biografia, autobiografia, saggistica, letteratura, la narrativa, la poesia, il romanzo e la saggistica.