La cultura è la forza umana che scorre
nel mondo, le esigenze di un mutamento
e ne dà coscienza al mondo.
Elio Vittorini, Diario
Sarà capitato a molti, forse non a tutti di sentire negli ultimi anni le parole Multiculturalismo o Intercultura, questi termini sono stati per certi aspetti, usati, abusati e magari anche male interpretati; di sicuro in televisione, sui giornali, alla radio, in qualche spazio di rete si ritrova l’etimo, di queste strane parole che di sicuro nel XX secolo hanno dominato la letteratura sociologica, antropologica nell’ambito generale delle scienze umane e sociali. Al di là di ogni possibile omologazione dei termini con queste particolari parole, senza utilizzare strani neologismi, intendiamo l’idea che il turismo, le immigrazioni, ma anche le minoranze etniche, la controcultura o forse anche il turbo-capitalismo portano l’uomo a confrontarsi con altre culture. Una cultura o tante culture?
Il tema centrale del dibattito scientifico, che purtroppo non trova ancora un punto di incontro per le opinioni contrastanti degli studiosi ed esperti del campo, non riguarda dunque solo il significato di queste parole che poi, tra l’altro sono anche apparentemente semplici; quanto piuttosto l’essere a favore, o contro l’idea di vivere in una società aperta, dove almeno in linea di principio dovremmo imparare ad accettare: l’esistenza o coesistenza dell’altro.
Proviamo a semplificare il ragionamento seguendo questo banale ma calzante enunciato: «io non fumo, tu fumi: rispettiamo la nostra reciproca coesistenza ben sapendo che il fumo fa male». Che vuol dire? In altre parole: non è perché tu non fumi che devi necessariamente diventare arrogante”. E l’altro: «non voglio essere costretto a subire i danni del fumo passivo, oltre a dover sopportare il cattivo odore della sigaretta». È vero indubbiamente il fumo fa male, ma il monossido di carbonio prodotto dalle autovetture? Gli esplosivi che stanno bombardando Tripoli? Le polveri sottili delle fabbriche? Allora il rispetto per l’ambiente parte dal rispetto non verso molti ma verso tutti, altrimenti si rischia di non avere rispetto per nessuno. E questo il vero problema.
Per multiculturalismo si intende dunque l’esistenza di una molteplicità di differenze, quindi anche punti di vista, opinioni, cibo e costumi, lingue e stili di vita e di consumo, che hanno causato la trasformazione radicale della società e della politica, proprio per questo, ad oggi non possiamo identificare una singola società come non è possibile trovare un popolo immune a questo fenomeno: il cambiamento del nostro modo di agire, se non impariamo a rispettare il diverso.
Questo pluralismo si esprime anche nell’ambito disciplinare e di dottrina, infatti e non a caso, dovremmo iniziare a parlare e scrivere dentro una società plurale: le diverse culture, quindi le sociologie e antropologie, che di fatto non dovrebbero più parlare solo lingua inglese. Che vuol dire? Interculturalità significa proprio iniziare a ragionare al plurale: in tutte le lingue del mondo. È ma questa è realmente una bella sfida.
Si può notare una paura generale della perdita di presunte integrità socioculturali, utilizzando come “scusante” ad esempio i flussi migratori o l’avvento dell’affermazione della comunità LGBT, ma anche l’obbligatorietà di parlare una solo lingua, essere monomediali, o meglio ancora con un tono d’ironia: non vedere più il solito canale in bianco e nero ma la televisione a colori. In effetti è già da un po’ di anni che si parla di multimedialità e quindi la possibilità di utilizzare diversi canali interattivi per la comunicazione: lingue diverse, diversi codici comunicativi: lo spazio in rete né di sicuro un esempio.
Spesso i termini multiculturale, multiculturalismo e multiculturalità vengono erroneamente considerati sinonimi, se con il primo intendiamo il “fatto” in se per se come conseguenza dell’accresciuta mobilità di persone con il secondo intendiamo la risposta ai bisogni e necessità nata dall’avvento del primo. Per quanto riguarda invece il terzo ovvero il termine multiculturalità possiamo considerarla come la quantità di immagini, simboli e messaggi e costumi che popolarizzano la differenza culturale. Secondo l’opinione di alcuni studiosi, come Jonathan Friedman, alla base di ciò troviamo una dissoluzione delle identità sociali, come se questo fenomeno avesse creato identità non autentiche ma conformi a ciò che sono i nuovi modelli a noi rappresentati: in televisione, al cinema manche sui giornali.
Sarebbe di conseguenza difficile distinguere l’identità personale dell’individuo da ciò che è invece conforme ed adattato a questi canoni. Tutte le società sono, ovviamente con gradi e livelli differenti, eterogenee, questo fenomeno le caratterizza e le modifica senza pero eliminare la memoria e l’esistenza di ciò che rappresentano i vecchi comportamenti ed abitudini sociali. Proprio per dimostrare il cambiamento avvenuto nelle varie società possiamo fare riferimento ad uno dei vizi più diffusi, la sigaretta. Chi è d’accordo e chi è contro? Di, sicuro fumare ma male, ma forse l’arroganza è quasi un danno peggiore del fumo. Perché se il fumo danneggia i polmoni, l’arroganza danneggia la mente oltre ad inquinare i rapporti umani.
L’attitudine sociale verso il fumo è mutata in modo significativo nel corso degli anni. L’unico aspetto positivo che esso ha mai avuto è che una volta era considerato accettabile poiché un tempo per gli uomini fumare era simbolo di forza e di un’ampia sicurezza di se stessi mentre chi non lo faceva era considerato fragile, cosiddetto “pappamolle”. Oggi la situazione è capovolta: l’uomo forte non ha bisogno di dipendere da alcuna droga.
In buona sostanza, i tempi in cui la sigaretta era il carattere distintivo della donna sofisticata e dell’uomo forte sono ormai passati. Questo esempio può aiutarci a comprendere come le varie società siano in continuo mutamento e rivoluzione, e di come sia ormai difficile trovare tratti distintivi di una determinata collettività a causa di fenomeni come la globalizzazione culturale e dei mercati. Ciò pero deve essere considerato come un arricchimento personale e sociale, a mio parere, per eliminare fenomeni come il razzismo e la xenofobia, ma anche la non accettazione del diverso: l’animale uomo che forse si potrà estinguere con la sigaretta in mano.