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Marta Sandorfi – Aspetti di fragilità nelle relazioni – Dal fil Mia

L’amore malato è come un
veleno lento: non ti accorgi
che ti sta distruggendo finché
non è troppo tardi.

Jessica Sorensen

 

Mia è un film drammatico del 2023 diretto dal regista Ivano De Matteo, che affronta con intensità il tema delle relazioni umane che possono diventare “tossiche” oltre che pericolose lesive per le dinamiche affrontate anche in famiglia. Un film che affronta il delicato tema della manipolazione emotiva nella fragilità esistenziale. Un tema che tra passato e presente ovvero l’educazione di oggi e quella passata, anche da diverse generazioni, non trova un vero e proprio modello vincente; un modello pedagogico realmente efficace rispetto alle diverse problematiche degli adolescenti.

La storia ruota attorno a Mia, una ragazza di quindici, serena e piena di vita, la sua esistenza però viene sconvolta dall’incontro con Marco, un ragazzo più grande di lei che però finisce per manipolare la sua vita: finisce per controllare ogni suo movimento, ad esempio l’allontanamento dalle sue passioni come la pallavolo, in quanto lui le impedisce di vedere i suoi coetanei; in effetti lei si chiuderà in se stessa, non parlando più con i genitori e le persone più care trasformando cosi lentamente la sua vita in un incubo.

Il film offre diversi spunti educativi davvero significativi, evidenzia così l’importanza di riconoscere i segnali di una relazione tra adolescenti che apparentemente sembra spontanea e innocente quando poi si tramuta in incubo: sottolineando il ruolo cruciale della famiglia nel supporto e nella protezione della ragazza; una famiglia e un padre che si trova impotente nella difesa dell’adolescente.

Nello scorrere del film si capisce come l’amore genitoriale sia importante e quanto possa essere una forza determinante nel tentativo di recuperare la ragazza. Una citazione che mi ha colpito fortemente del film è: “La forza di una persona si misura in base a quello che è disposto a fare per proteggere chi ama”, pronunciata da Sergio, il padre di Mia.

Un aspetto innovativo del film è la rappresentazione realistica e senza filtri delle dinamiche di controllo e manipolazione, in quanto senza rendersene conto Mia si trova in un circuito chiuso e difficilmente riesce ad avere contatti all’esterno e senza rendersene conto finirà per isolarsi completamente.

La scelta di focalizzarsi non solo sulla figura della vittima, ma anche sul punto di vista dei familiari, rendendo il racconto ancora più coinvolgente e toccante, vista anche la bravura degli attori di questo film.

Se ci volessimo al di fuori del contesto pensare ad un confronto utile a capire quanto siano diversificati i modelli educativi e quanto questi possano sembrare contrastanti è allora possiamo fare riferimento al pensiero pedagogico di John Locke, filosofo inglese del XVII secolo, dove emerge l’importanza dell’educazione formale, aristocratica nella formazione del carattere e nella prevenzione di comportamenti pericolosi perché il ruolo del precettore è di fatto completamente distaccato dalla realtà: asettico rispetto ai pericoli del mondo. Pensando ai modelli del passato, basati sulla ragione e sull’educazione morale, sulla rigidità ma anche sulla moderazione dei piaceri, è chiara e persino scontata l’assoluta incapacità di leggere i problemi degli adolescenti, vivaci ed esuberanti persino per le tradizioni educative dell’epoca, cosi come si legge nel Saggio sull’educazione di Johon Locke (1963).

 

In conclusione, “Mia” non è solo un film, ma un potente strumento educativo che invita alla riflessione sulle dinamiche delle relazioni giovanili, sull’importanza del supporto familiare e sul ruolo cruciale dell’educazione nella formazione dell’individuo.

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