«La reciprocità è un concetto che ammette l’esistenza di una relazione tra le persone, ma non si tratta di qualcosa che viene posto in essere tra le persone, piuttosto qualcosa che precede il loro rapporto, quindi non è qualcosa di secondario, ma qualcosa che dovrebbe essere a priori. Possiamo pensare ad una categoria concettuale che precede la
forma, una condizione di possibilità, ma nello stesso tempo una determinata condizione di relazione di riconoscimento reciproco. Non è detto che dobbiamo intenderla necessariamente in senso positivo, in quanto noi possiamo anche misconoscere questo legame. Per esempio se pensiamo alla dignità delle persone, allora la reciprocità è possibile solo se ammettiamo che esiste un rispetto reciproco delle nostre singolari dignità. E allora quali sono le norme etiche fondamentali, anche di tipo universale, che possono stabilire una positiva relazione di reciprocità? Allora esiste una relazione di reciprocità capace di ammettere un reciproco riconoscimento?
Come possiamo allora tutelare questo particolare tipo di relazione? Fino a che punto io posso far coincidere i miei valori, ovvero quelli della mia cultura con quelli dell’altro? Vale realmente la pena aprirmi cercando di far coincidere i miei valori con quelli di un’altra cultura? Per me potrebbe essere un relazione di non–riconoscimento reciproco. Per questo mi chiedo se effettivamente la reciprocità sia una categoria da intendere esclusivamente in senso positivo. Se osserviamo la situazione attuale, allora forse potremmo avanzare l’ipotesi del reciproco misconoscimento?
Se l’identità è già costituita, allora come possiamo riconoscerne una nuova? Dal punto di vista epistemologico come possiamo modificare la nostra identità, se non ammettiamo il potenziale abbattimento di quella precedente?»