Generale

Giuditta Alessandrini

«Dobbiamo innanzitutto ammettere che la reciprocità è un mezzo attraverso il quale si stabilisce un rapporto scambievole d’interessi, valori, e questi due elementi non sono così scontati nelle scienze pedagogiche. Sicuramente sul piano lavorativo esistono dei segnali di ottimismo. So di essere controcorrente, ma sul piano socio-educativo, segnali provengono dalle pubbliche amministrazioni, ma anche dal mondo produttivo e dei servizi; lo stesso vale per quanto concerne il mondo aziendale. Sono segnali assolutamente positivi, oltre ad essere segni ancorati alla sfera
fiduciaria, quindi anche rivolti alla fiducia nel progresso umano. Mi rendo conto che oggi si punta molto nella fiducia delle relazioni, quindi vince il primato socio-antropologico. Possiamo affermare che esistono segnali di positività anche in tutte quelle dimensioni che coinvolgono la sfera formativa etico-sociale dell’individuo che opera rivalutando l’importanza del rispetto dei sentimenti umani. Per questo motivo posso affermare che i meccanismi di circolazione delle informazioni e della conoscenza possono incrementare le relazioni; pensiamo per esempio alla comunicazione in rete, il web o la posta elettronica: sono strumenti che accrescono la dimensione comunitaria.
Non a caso l’Unione Europea sta cercando di investire proprio nell’accesso alle reti e alle nuove tecnologie  dell’informazione. Ma la rete ha un significato comunitario atavico, quindi la costruzione dei nuovi domini di conoscenza avviene in una logica non autoritaria, ovvero non dall’alto verso il basso, ma attraverso quella reciprocità che si stabilisce in un dialogo alla pari, oppure dal basso verso l’alto e non al contrario. Questo è un elemento di grande interesse per capire la reciprocità che si stabilisce nelle “comunità di pratica” dove le metodologie diventano oggetto d’impressione per lo scambio di comuni reciprocità senza rinunciare alla propria appartenenza, senza quindi enfatizzare i vincoli di appartenenza. Un altro aspetto riguarda il capitale sociale, dove i processi di cambiamento transitano attraverso le relazioni umane. Ma allora come si costruisce il capitale sociale?
Enfatizzando il network esistente attraverso la creazione di quella dimensione di cooperazione che è l’unica via per la democratizzazione reale dei saperi, delle conoscenze e delle abilità.
Insomma, di tutte quelle condizioni “umane” senza le quali non si può realizzare nessun tipo di attività lavorativa. L’idea di pensare ad una democrazia reale non è possibile se non pensiamo prima alla condivisione della  cooperazione sociale. Tutto ciò è molto importante dal punto di vista della pedagogia sociale per la creazione di condizioni nuove, più umane, ma indispensabili per lavorare nel contesto attuale».

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