«Ogni relazione implica un potere. Pensiamo alla relazione del potere e al potere della relazione. Nel processo educativo, soprattutto nel modello scolastico, osserviamo che spesso c’è un potere
unidirezionale, un modello di comunicazione lineare nella trasmissione del sapere. Non avviene un processo di circolarità o di reciprocità, nel senso che non vediamo l’altro come un portatore del sapere, il quale si inserisce sul proprio sapere; il fatto è che gli studenti non sono protagonisti del loro sapere, ma subiscono processi educativi che sono già dentro il sistema: questo è un fattore profondamente negativo. È chiaro che molto dipende dalla tipologia dei processi di scambio, e quindi dal tipo di differenziazione che possiamo stabilire nel rapporto di scambio. Sono cambiati i processi di individualizzazione del soggetto e dell’oggetto; sono cambiati i ruoli e i rapporti tra individui e ruoli. Oggi a mio parere siamo all’ultimo stadio di un processo di relazione tra individui, non a caso la comunità scientifica parla di società in frammenti. Si tratta dell’ultimo stadio di un processo.
L’individuo scambia la relazione umana come se fosse un prodotto nel mercato, quasi come un processo merceologico. Per questo diciamo che è in una fase terminale, in frammento, proprio perché si scambia addirittura la tipologia di relazione. La self realization, o processo d’individualismo, la concentrazione dell’ego e tutti questi approcci teorici attribuiti alle relazioni umane effettivamente possono spiegarci come ormai siamo giunti all’ultimo stadio di una società in frammenti.
L’individuo non è un punto fermo, ma un punto mobile, un punto dialettico che si può frantumare a sua volta. Per questo arriviamo a personalità schizoidi, alla formulazione delle schizofrenie, nevrosi, etc. È proprio da questi sdoppiamenti di ruoli, da questi punti di differenziazione che nascono la reciprocità e l’apertura verso l’altro che non è scomparso del tutto, ma spesso diventa virtuale. L’altro però non è solo un elemento fisico, ma anche un elemento materiale e addirittura un elemento virtuale, in quanto dobbiamo pensare a che cosa rappresenta l’altro per noi. Si tratta di configurare ciò che dell’altro rimane dentro di noi. Questo determina la reciprocità intenzionale, virtuale, vissuta, pensata, sentita e immaginata.
La struttura relazionale dell’individuo si può strutturare in almeno quattro parti: verso l’esterno, verso l’interno, verticale e orizzontale. Ognuna di queste relazioni può dare vita ad altre forme di reciprocità. Pertanto distinguiamo altre diverse forme di reciprocità, non solo tante quante sono le possibili forme di relazione, verticali, orizzontali, verso l‘interno e verso l’esterno, ma anche diacroniche e sincroniche. Poi possiamo investire il concetto di reciprocità di un codice etico, nel senso del dono e del dono reciproco. Se facciamo riferimento alla reciprocità di tipo asimmetrico è facile canalizzare le disuguaglianze, le diversità, le differenze o squilibri di potere, o del rapporto clientelare in riferimento alla domanda dello studente di Venezia. Questo porta ad un rafforzamento delle disuguaglianze, soprattutto quando da una parte si pone il problema del tentativo di stabilire una forma di relazione simmetrica attraverso la reciprocità, dall’altra invece si pone una relazione asimmetrica e quindi un rifiuto; addirittura uno squilibrio di potere: disuguaglianze strumentali.
Se facciamo riferimento agli scambi tra persone che si trovano a vivere le stesse condizioni, allora entriamo nel concetto di scambio di tipo orizzontale; una categoria che ammette la reciprocità scambievole tra individui. Mentre se facciamo riferimento al potere, e quindi a tutte quelle condizioni che del potere ammettono comunque una forma di reciprocità verticale, allora non si tratta più di scambio tra persone sullo stesso livello (socio-economico, o di medesima condizione sociale); in questo caso cambia lo status (e quindi il ruolo del soggetto attore di una reciprocità impari.) Nella verticalità si intravedono rapporti con diverse condizioni di potere, forse anche verso forme misteriose, verso un modo di osservare la vita in modo più profondo, verso le divinità. Pensiamo quindi alla preghiera e alla reciprocità verso una relazione di scambio verticale, in fondo verso qualcosa di misterioso come la divinità. È chiaro che in questo caso la reciprocità verticale si muove su un piano diverso rispetto a quella orizzontale; non è più un legame alla pari con la divinità, ma un legame verticale che ammette una visione profonda e misteriosa della vita.
L’ultimo punto della mia riflessione è che la società implica una codipendenza che può anche esprimere una relazione bloccata: due persone che si chiudono in una reciprocità senza nessuna apertura verso l’altro, senza prossimità; è una forma di reciprocità che muore in se stessa. Si tratta di una forma di relazione che non è più circolare, ma resta avvinghiata in una relazione bloccata, senza aprirsi su altri cerchi o su altri ambiti. Diventa una forma di dipendenza su se stessa, bloccata, in un certo senso monca, chiusa su stessa».